Non per la vittoria di Rins, che è uno che in Texas è il vice Marquez e va forte con qualsiasi cosa meritandosi ogni coriandolo del podio, ma la MotoGP esce dagli USA ridimensionata proprio nel primo week end del suo rilancio commerciale!
Super Rins davanti a Marini, Quartararo, Vinales, Oliveira, Bezzecchi, Zarco, Morbidelli, Di Giannantonio, e Fernandez a chiudere i 10.
Una gara noiosa vinta stra meritatamente dall’underdog (ma nemmeno troppo) Rins, rappresentante del lavoro popolare di un team clienti che lotta giorno per giorno, su una moto anch’essa generalmente in difficoltà. Se ci fosse un concetto di giustizia sportiva motociclistica, calzerebbe perfettamente con il podio di oggi. Un pilota che ha sofferto e che lavora sgomitando per un team clienti, Rins, il rappresentante del lavoro duro e puro che sopperisce al super talento (non mi si offenda perché gli sto facendo un complimento) Marini, e il pilota attualmente più talentuoso e meritevole, derubato per essere sulla moto generalmente più problematica, Quartararo.
Il podio della giustizia è l’unica cosa “fair” direbbero gli americani, in una gara noiosa, con sorpassi che si contano sulla punta delle dita di una mano, e una valanga di cadute che tira fuori persino quelli andati lì a raccogliere dati.
Una gara caratterizzata da un elemento negativo, Bagnaia che finisce ancora nella granella, e poco altro, a parte la vittoria di Alex Rins, che per quanto sacra e indiscutibile, non è abbastanza.
Ed è sufficiente guardare la top ten per capire che tolto Rins che in Texas ha sempre fatto il cow boy, abbiamo davanti una MotoGP che dopo pochi anni dal pensionamento di Rossi, Lorenzo, Stoner, Pedrosa, si trova con nomi che non solo faticano ad avere la stessa credibilità ma che non sai neanche se potrai trovarli nelle stesse posizioni la settimana successiva.
Una lotteria unica nel mondo del motorsport. Così variabile, irregolare, imprevedibile, da sembrare artefatta.
Vincitori che da un momento all’altro faticano nei 10, underdog romantici, eroi locali, team privati in testa al campionato, punizioni assegnate male e architettate peggio, sono il leit motiv di un campionato che, privo degli elementi costitutivi naturali (mancano i nomi da cartellone), sembra quasi volerli cercare in un canovaccio narrativo da circo itinerante con buoni, cattivi, eroi, recuperi, imprese, al limite del credibile. E prima che mi si rilasci la patente da complottista, ecco la ragione.
La colpa è chiaramente delle gomme, poco performanti, poco affidabili e poco sicure, oltre che poco coerenti. Le Michelin, abbinate ad una tecnologia esasperata e non sempre padronaggiata), sembrano essere l’ago della bilancia di una MotoGP laddove invece in Superbike le Pirelli sembrano essere l’unica certezza su cui contare per far fare il resto ai piloti.
Sappiamo che Dorna è in grosse difficoltà e ha tutta l’intenzione di scimmiottare la F1 dal punto di vista dello spettacolo, svoltandola a circo per tutto il resto (è arrivata dall’america la persona giusta), ma così più che un’allargamento del bacino di pubblico, avremo una sostituzione. Entreranno i bimbiminkia da reality mentre chi capisce di moto e si ricorda cos’erano le corse fino a qualche tempo fa, guarderà qualcos’altro.
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