La gara di Most è un regalo di Razgatlioglu a Bautista ma soprattutto è il ritorno di Rea e la concretizzazione di Petrucci. C’è anche Bassani e va bene così.
Bautista, Petrucci, Rea, Bassani, Rinaldi, Gardner, Locatelli, Redding, Vierge, Baz.
I dieci sono questi e la gara è bella perché Bautista, evidentemente non a posto come al solito, sente di dover cercare la fuga per sistemare subito le cose.
Non ci riesce ma non è lui quello sotto pressione. Il duello con Razgatlioglu è gustoso ma solo lo spagnolo sembra in pieno controllo.
Alla fine il turco decide di strafare e, invece che cercare il duello nel finale, decide di chiudere i conti anzitempo. Li chiude nella ghiaia e lascia a Bautista 5 ultimi giri comodi.
Il bello, però, non è solo questo. C’è una rimonta pazzesca di Petrucci, dodicesimo al via e secondo al traguardo, un ritorno solido di Rea, intelligentissimo nel fare una gara regolare e concreta senza esagerare, una dimostrazione di maturità di Bassani (che però passa da una microfesseria a inizio gara).
Il veneto senza l’errore in apertura avrebbe potuto giocarsi il podio ma va apprezzato anche il modo in cui ha posto rimedio all’incoscienza.
Per quanto battuto da due clienti, anche Rinaldi ha fatto il suo. Alla fine è concreto e mai fuori dalle righe.
Non c’è molto altro. BMW e Honda proprio non si giocano niente. E un esercito di clienti sono zombie lontani, perché arrivare nei 10 o a punti non vuol dire niente, se prendi distacchi punitivi.
La sintesi della Superbike è che Bautista domina, Razgatlioglu è più funambolo che fenomeno, e Rea è maturo. Il contorno sfizioso è dato da Petrucci e Bassani; i due meritano una moto ufficiale che non avranno mai.
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