Win on sunday, sell on monday (Vinci la domenica e vendi il lunedì).
E’ un detto che gira ormai dagli anni sessanta ed è tipico dei motori.
In USA hanno capito per primi che nel motorsport, soprattutto quello vicino alla serie (gli sport motoristici americani sono per il 90% di questo tipo)
per vendere è necessario vincere e continuare a farlo per cavalcare l’onda emozionale. Tutto giusto e per certi versi il concetto vale ancora.
Con il passare del tempo le Case costruttrici hanno continuato a gareggiare, anche se le necessità tecnologiche hanno forse iniziato a prevalere su quelle di un marketing che alla fine, anche da noi in Europa, si è evoluto. O forse si è polarizzato su chi ha ancora bisogno di queste leve mentre c’è qualcuno che, potere del brand, ha ormai spiccato il volo.
Nelle auto, due esempi. Lamborghini ha sempre gareggiato molto poco e ha sempre venduto con facilità perché è nata credibile. Di Ferrari non parliamo nemmeno. La crescita è continua e paradossalmente sembra venda di più proprio quando non vince, dato che il brand è inarrrivabile- Anche nelle moto troviamo qualcosa di simile.
Honda vende e basta. E’ una fortuna che spetta a quei leader dal brand ormai intoccabile.
Ducati fa ormai parte di questa cerchia di fortunati. Chiaro che certi privilegi si guadagnano sul campo ma la rossa di Borgo Panigale è ormai lanciatissima. Tanto lavoro, progetti riusciti, un mix di italianità, cuore sportivo e blasone racing hanno collocato Ducati nell’olimpo nonostante le dimensioni e le quote di mercato non la pongano certo ai vertici del settore.
Ma Ducati è Ducati. E’ chiaro che non potrà mai smettere con le corse e che nel DNA ha l’aspirazione alla vittoria ma a Bologna è ormai chiaro che quello della bandiera a scacchi non è il solo modo per vincere.
Ducati ha brandizzato di tutto. Abbigliamento, accessori, giocattoli, utensili. Va via tutto come il pane perché Ducati se lo merita.
E’ il potere del brand e della fiducia da parte del consumatore che, nel caso di Ducati, è un fedele appassionato con un senso di appartenenza senza pari.
Parllando di corse, niente mondiale Superbike da un bel po’ e di MotoGP nemmeno a parlarne ma non è vero che nel 2021 non ci sono state vittorie iridate. Ogni moto che esce è come uscisse una Ferrari. Già acclamata e già sold out, anche quando è apparentemente estranea dal suo DNA.
La MotoE, per esempio, che sarà presto un monomarca bolognese, vale ben di più di un mondiale vinto.
E’ evidente che Ducati non si è cimentata nella MotoE perché è stata scelta da Dorna ma è stata scelta da Dorna perché era disposta a fare una MotoE. E Ducati una MotoE l’aveva già e se gira adesso, comoda, durante le vacanze natalizie, vuol dire che è già più che pronta. E anche così non fosse, sarebbe stata scelta ugualmente perché nel caso di Ducati è una promessa già il nome.
Com’è la Ducati elettrica? Vista. Bellissima. Come va? Benissimo sulla fiducia. Perché nel caso di Ducati è come fare un buio a poker con i soldi degli altri. Non c’è paura di perdere. Come può andare una Ducati se non bene, soprattutto se gareggia contro se stessa?
Di sicuro andrà meglio che con Energica, altra azienda italiana che dal 2023 cederà la mano come fornitore del campionato, ma non è colpa di quest’ultima.
Un’azienda sconosciuta, scesa in campo con zero esperienza racing e non tanta esperienza di motociclette sportive in generale, che pagava il prezzo della novità di un certo tipo di gare in seno ad un’organizzazione che non le aveva mai gestite, non può avere troppe responsabilità. Una cosa nuova, affidata ad un’azienda nuova, con interlocutori nuovi. E’ andata anche troppo bene e, dopo un certo periodo, persino meglio del previsto.
Diciamoci la verità. In camera caritatis, tutti i rider sono stati e sono insoddisfatti delle Energica ma è normale. Nessun pilota ha veramente scelto di fare la MotoE e nessun pilota gradisce una moto concettualmente diversa da quella che ha sempre considerato una moto da corsa. Energica ha pagato anche questo, oltre al ruolo di pioniere, e non ha ancora finito di saldare il conto.
L’aspetta un 2022 ancora più difficile. L’attenzione verso la MotoE, già minore delle attese, sarà tutta focalizzata du Ducati ed Energica farà un anno di purgatorio d’uscita, con la consapevolezza di essere lanciata nel dimenticatoio ad una velocità impressionante su uno scivolo che forse non merita. Nessun pensiero affettuoso, da parte del sistema, nei confronti di chi ha fatto il lavoro più duro e difficile nel momento di maggior diffidenza. Solo il conto alla rovescia nell’attesa che arrivi la rossa.
Entra Ducati. La più piccola delle aziende che fanno il mondiale, la meno multinazionale di tutte. Non una giapponese di quelle che costruiscono anche treni, portaerei, satelliti, robot, e nemmeno una europea di stampo teutonico, che manca di quel pizzico di ribellione guadagnato dalla street credibility di chi sa anche vincere, ma una casa italiana della Motor Valley, una dura e pura e rumorosa, ignorante nel senso buono del racing senza (o quasi) compromessi.
E’ così. Ducati è chiamata in causa proprio per risollevare le quotazioni di un mondiale che proprno non riesce a farsi metabolizzare dagli appassionati.
Paradossalmente si configura una situazione unica. Ducati che diventa fornitore esclusivo e domina l’elettrico ancor prima del debutto, senza aver gareggiato nemmeno una volta e senza aver venduto nemmeno un esemplare; e Dorna che per il suo mondiale MotoE, solo da Ducati, può essere salvata.
A Ducati, per vendere al lunedì, la domenica nemmeno serve.
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